Capestrano

Capestrano sorge a 500 m di altitudine,
e domina dall’alto la media valle del Tirino, che risulta abitata già nel neolitico presso la sorgente del fiume, dove sono state trovate tracce di un abitato[1]. Negli anni trenta del secolo passato venne alla luce anche una grande necropoli, localizzata nei pressi di Capo d’Acqua, in cui fu rinvenuta la famosa statua del Guerriero di Capestrano[2].
Nell’Alto Medioevo (IX secolo) il territorio era soggetto alla giurisdizione della abbazia benedettina di S. Pietro ad Oratorium ed è probabile che il borgo fortificato sia stato costruito tra l’XI e il XII secolo, in una zona ricca d’acqua e ben difendibile. Ad onor del vero la prima notizia su Capestrano risale al XIII secolo e precisamente al 1284, quando Carlo d’Angiò fece dono dei territori di Capestrano a Riccardo di Acquaviva di S. Valentino, come ricompensa per essersi schierato con lui nella conquista del regno di Napoli. Nel 1318 il territorio passo’ al conte Pietro di Celano e ai suoi discendenti, che lo conservarono fino a meta’ XV secolo circa (l’ultima, la contessa Jacobella, figlia di Pietro III, fu figura singolare; avendo sposato un Colonna[3] e poi fattasi annullare dal papa il matrimonio, sposo’ in seconde nozze il condottiero Jacopo Caldora e poi, rimasta vedova, suo nipote Leonello Acclozamora. Rimasta di nuovo vedova, amministrò egregiamente da sola la ormai estesissima contea di Celano).
Nel 1463 Ferdinando I d’Aragona donò il Marchesato di Capestrano ad Antonio Todeschini Piccolomini, duca di Amalfi e nipote di papa Pio II.
Fra i monumenti di interesse in Capestrano vi e’ principalmente il castello detto Piccolomini perché questi lo fece ampliare nella seconda metà del 1400.
Il castello presenta all’interno un mastio di forma quadrata, merlato, inserito in una più antica recinzione fortificata.
La facciata principale, esposta ad ovest, ha due torri tonde agli angoli ed un portale architravato con lo stemma della famiglia Piccolomini. In corrispondenza del primo piano sono allineate cinque finestre di stile rinascimentale ad arco acuto in pietra. L’entrata posteriore conserva l’aspetto antico con l’ingresso protetto da un fossato su cui in origine si calava un ponte levatoio poi sostituito da una scalinata in pietra. Nel cortile interno è presente un pozzo e larghe scalinate in pietra per accedere ai piani superiori.
Il castello resistette all’assalto e all’assedio di Braccio da Montone.
Nel centro del paese sorge la chiesa parrocchiale di S. Maria della Pace, eretta sul sito di una chiesa più piccola chiamata S. Maria della Macchia. L’interno è a tre navate e il campanile alto e slanciato termina con un coronamento a ‘cipolla’. La facciata è divisa da sei lesene verticali e bipartita orizzontalmente.
A Capestrano nacque il 24 giugno del 1386 Giovanni da Capestrano (futuro santo); avviato agli studi, si laureò in diritto ecclesiastico e civile a Perugia.Qui fu luogotenente del Capitano del Popolo e fu carcerato durante l’occupazione della città da parte di Malatesta; in prigionia maturò la conversione e peregrinò tutta la vita in Europa predicando il Vangelo (episodi della sua vita sono rappresentati in un bel ciclo di affreschi che ricopre tutte le parteti del chiostro interno del convento di San Giuliano a L’Aquila).
Il convento di S. Giovanni da Capestrano sorge non molto distante dal centro abitato su di un sito donato da Jacobella da Celano. I lavori di costruzione iniziarono nel 1447 con una struttura modesta, che fu ampliata successivamente per accogliere fino a 25 religiosi e per dotarsi di ambienti di studio (una vasta biblioteca con più di 4000 tra volumi e manoscritti), di cura (una farmacia) e di lavoro (un’officina per la lavorazione della lana).
Note sul Guerriero italico di Capestrano:
Nel settembre del 1934 venne alla luce nella valle del Tirino, non lontano da Capo d’Acqua,
una statua virile in calcare locale riconducibile al VI sec. a.C.[4]. Il manufatto e’ alto 2,09 metri e presenta una figura armata corredata di copricapo mobile, piatto e discoidale con cimiero; le braccia sono distese ed incrociate sul ventre. La rigidità del corpo e la maschera sul viso ci indicano che siamo in presenza di un personaggio defunto. Due piastrini sostengono la statua e su di uno è presente una scritta. MA KUPRI KORAM OPSUT ANANIS RAKI NEVII [5].
Per maggiori dettagli si ricorda il saggio “Il guerriero Italico di Capestrano” di G. Marinangeli (ed. Enti provinciali per il turismo di Chieti e L’Aquila, 1978).
Lasciata Capestrano, percorrendo un breve tratto di strada, dopo circa 3 km e poco prima di raggiungere la S.S. 153 troviamo le indicazioni per la chiesa di S. Pietro ad Oratorium, fondata sulla riva destra del Tirino dal re longobardo Desiderio.
La notizia più antica del monastero la traiamo da una bolla di papa Stefano II risalente al 752 d.C., nella quale il papa fa dono del complesso all’abate Attone del monastero di S. Vincenzo al Volturno[6]. L’aspetto attuale della chiesa risale all’anno 1100, come risulta scritto sull’architrave del portale[7]. Dopo la ristrutturazione del 1110, la chiesa venne riconsacrata da Pasquale III nel 1117, e le fu concesso il privilegio di essere soggetta solo alla Sede Apostolica e al Monastero di S. Vincenzo al Volturno[8].
La facciata romanica della chiesa è semplice con il portale architravato e una semilunetta affrescata con S. Pietro in trono (l’affresco purtroppo e’ malridotto).
L’interno della chiesa e’ diviso in tre navate con tre absidi semicircolari affrescate e contiene al centro un bel ciborio duecentesco.
[1] A. LA REGINA, cit., p. 411.
[2] G. MORETTI, Il guerriero italico di Capestrano, Roma 1936. Resti di abitazioni di epoca romana, forse un pagus, vennero alla luce nel 1963 a nord del lago a quota 397m. Il fiume Tirino era detto in epoca romana Tirinus, mentre nel medioevo Tritanus e secondo La Regina, Capestrano potrebbe derivare daCaput Tritanus.
[3] Jacovella da Celano, ultima esponente della casata dei conti Berardi.
[4] Durante il lavoro dei campi un contadino, Michele Castagna per scasso vigna, dissotterrò la statua e la tenne per qualche giorno esposta davanti la sua abitazione! Non distante rinvenne un tronco di donna ornata di monili, probabilmente da mettere in relazione col guerriero.
[5] Secondo Fulvio Giustizia: me bella immagine fece Ananas per il re Nevio pomp[ule]io. F. GIUSTIZIA,Paletnologia ed archeologia di un territorio,Roma 1985, p. 40ss.
[6] Chron Volt..,I, 160.. UGHELLI, cit., VI, 475.
[7] L’iscrizione A REGE DESIDERIO FUNDATA MILLECENTENO RENOVATA, ci fa sapere che il monastero fu fondato dal Re Desiderio e che fu ristrutturata nell’anno 1110. Diverse furono le riconferme del monastero di S. Pietro ad Oratorium al Monastero di S. Vincenzo, nei secoli successivi. Oltre quella di Carlo Magno, anche quella di Pasquale I dell’anno 818
[8] Anticamente un’abbazia non soggetta al vescovo era detta abbatia nullius dioecesis,cioè non soggetta a diocesi, dove l’abate esercita una giurisdizione quasi al pari del vescovo. L’abbazia perse definitivamente questo privilegio solo nel 1808, quando fu aggregata alla Diocesi di Sulmona.