Cercando l’antica via romana da Antrodoco a Vignola (II, Antrodoco-Vignola)

G. Lami, 29 Maggio 2016
Dopo la visita che feci in questi luoghi, nel giugno 2013, alla ricerca dei resti dell’antica via descritti dal Persichetti nel suo “Viaggio archeologico lungo la Salaria”, del 1898, della quale, grazie al vecchio Domenico Tedeschini, figlio della guida del Persichetti, ne potei rintracciare delle tracce nei resti di un imponente muro di sostegno a mala pena visibile perché coperto da folta vegetazione, ora vi sono ritornato, guidato dal CAI di Antrodoco organizzatore delle passeggiata.
Il percorso, reso agibile e dai nostri ospiti opportunamente ripulito, in particolare attorno agli antichi ruderi ritrovati, ci era stato presentato il giorno prima con una interessante proiezione, integrata da immagini relative alla chiesa di S. Maria di Antrodoco e da molte foto d’epoca, per darci l’idea dell’azione del tempo su questi luoghi.
Ritorno quindi qui una seconda volta e mi riprometto, una volta arrivati a Vignola, di fermarmi a salutare il vecchio Domenico che tre anni fa ci ospitò, me e Antonino, con tanta gentilezza e disponibilità.
Siamo un bel gruppetto e i nostri “antrodocani “ sono evidentemente contenti della riuscita della loro iniziativa, a dispetto del tempo che questa giornata ci propina; infatti, dopo qualche giorno di sole, oggi è nuvoloso e proprio stamattina una pioggerella insistente sembrava ostacolare la gita.
Poi per fortuna, dopo essersi scaricate un pò, le nuvole si sono alleggerite e la pioggia è cessata per non più tornare, consentendoci una comoda e piacevole escursione; tempo grigetto che agevola il cammino, con temperatura mite, senza il sole che affatica.
Condizioni ideali per la camminata che sarà di circa 6 chilometri.
A questo proposito, si va con due macchine e io lascio la mia a Madonna delle Grotte in modo da evitare, da qui, il ritorno a piedi per Antrodoco dove si parcheggia l’altro mezzo.
(Questa staffetta è consigliata)
Pur passandoci innumerevoli volte in questi anni, non mi era mai capitato di visitare Antrodoco, né Borgovelino, lì appresso, pur conoscendo la loro importanza viaria e storica, sia come snodo di strade romane e medievali, che come baluardi incastellati.
Mi limitavo, venendo da Aquila, a fermarmi un momento, d’autunno, per comprare un pò di castagne, i famosi marroni di Antrodoco apparentati con quelli toscani dell’Amiata, che facevano bella mostra di sé in cesti allineati davanti ai portoni aperti di quei magazzini lungo la strada, alla fine della discesa dai tornanti del monte.
Molti anni addietro mi ci fermavo anche, a volte, la domenica, nel viaggio di ritorno dalla Toscana o da Roma, per comprare un po’ di pesce fritto che una bancarella sul ponte vendeva; infatti a quel tempo, a L’Aquila di domenica sera era quasi impossibile trovare un locale aperto per mangiare, e così si doveva portare un panino o comprare qualcosa per la strada.
Oggi non è più così, ma quando penso ad Antrodoco, mi tornano sempre a mente queste soste.
Ora questa occasione, della proiezione e della passeggiata, mi permetteva di conoscere un po’ meglio questi luoghi. Le immagini del passato, poi, ti ci familiarizzano perché sono memorie in qualche modo comuni a tutti i paesi di tutte le regioni e ti riportano al tuo passato.
Famoso era il castello medievale di Antrodoco, centro e controllore di altre fortificazioni, costruito sulla sommità del monte che domina il paese, appena finita la discesa, sopra le Terme; purtroppo, ora, di lui non vediamo più traccia, e nemmeno dei suoi resti, completamente circondati dagli alberi che coprono questa vetta, quasi incoronandola.
Riporto così una sua immagine, in una foto del 1860 circa, all’epoca dell’inizio della fotografia, che ho avuto da uno degli organizzatori della camminata.
Iniziamo la passeggiata dalla salita di S. Terenziano, fermandoci in un giardino di una casa privata per ammirare, su consenso della proprietaria, i resti di una colonna romana evidentemente di età imperiale, perché fra i caratteri che porta incisi, si vede un AVG (Augusto).
Nessuno qui sa se era un miliario o cosa, io riporto sotto, assieme alla foto, la scritta che credo di leggervi, che potrebbe anche essere una dedica all’imperatore.
Passiamo poi, in cima al paese, accanto a un’antica casa torre che ci dicono essere stata, nella parte alta, la chiesetta medievale di S. Terenziano, dove però non possiamo entrare.
Proseguiamo, in salita, per un sentiero parallelo alla vecchia strada per Madonna delle Grotte, a sinistra del fosso Rapelle; l’antica strada doveva passare un po’ più sotto, sempre da questo lato. Incontriamo vecchi cascinali e ci dicono che sulla sommità del monte a sinistra, al disopra di una torretta medievale ben visibile e nascosto in una folta boscaglia, c’è un antico borgo disabitato e in abbandono.
Dopo aver incrociato la strada asfaltata, si fa una deviazione a destra, andando verso il fosso; qui si ritrova, nel folto della vegetazione, l’antico tracciato e un ponticello costruito sui resti del ponte romano che portava la strada sulla fiancata del monte a destra del Rapelle.
Non seguiamo questo tracciato perché ci dicono che si interrompe in una propietà privata e torniamo sulla strada asfaltata. A destra, sotto, si vede il Rapelle e al di là due casolari con ovili davanti ai quali si intravede la traccia dell’antico tracciato.
Proseguiamo e sulla sinistra incontriamo un largo e alto cunicolo scavato nella roccia, costruito dai Romani per convogliare le acque dal fianco del monte verso il Rapelle; si sente della musica, che proviene da lì dentro. Ci sono infatti due ragazzi che suonano per noi; i nostri ospiti ci hanno fatto una gradita sorpresa.
Dirimpetto al cunicolo, al di là della strada e sotto di lei, si può osservare un antico chiavicotto di scolo che era evidentemente collegato con il cunicolo di cui sopra.
Proseguiamo in salita sulla strada asfaltata per Madonna delle Grazie. A un certo punto si incontra sulla destra la deviazione per Rocca di Fondi, e, ancora a destra, un sentierino che riporta, attraverso il bosco, verso il Rapelle; qui, dopo qualche metro, ci si imbatte in due enormi pietre perfettamente squadrate e affiancate che costituivano la base di un grande ponte, sopra di cui la strada romana ripassava a sinistra del Rapelle.
Si torna sulla via per Rocca di Fondi che si percorre per una trentina di metri. Qui, un sentiero sulla sinistra porta a tre muraglioni di pietre squadrate romane, che dovevano costituire il sostegno dell’antica strada.
Proseguiamo in salita e arriviamo a Madonna delle Grotte, davanti alle cui arcate passava l’antica strada romana, circa cinque metri sotto l’attuale SS 17. Fiancheggiando la chiesa si può osservare la parte della roccia tagliata dai romani per far passare la strada che proseguiva verso Vignola con un tracciato che attualmente è alla destra della statale, sotto di essa.
Finalmente arriviamo proprio sotto la casa del vecchio Domenico Tedeschini, dove si può ammirare il muraglione di sostegno della strada descritto dal Persichetti, finalmente pulito e liberato dalla vegetazione, come non era quando ce lo mostrò il Tedeschini, tre anni fa.
Vado per incontrare e salutare il vecchio Domenico, ma non lo ritrovo, la casa è chiusa; un signore lì vicino mi dice che è morto due anni fa. Di fronte alla sua casa ci si ferma a bere alla fonte Canale, quella che la leggenda tramandata vuole fatta apparire miracolosamente da San Bernardino nel suo passaggio verso Aquila, come ci raccontò il vecchio Domenico.
Proseguiamo per la chiesetta di Santa Maddalena o dell’Addolorata, un quattrocento metri dopo la fonte, in linea retta, davanti alla quale doveva passare l’antica via. E’ un locale unico, piccolo, ma restaurato da poco, con, sul tetto, quello che una volta era un campanile a vela; la chiesetta appartiene a una struttura-cascinale privato, il retro del quale è restaurato come abitazione rustica, piccola ma molto bella.
Non si fa in tempo ad arrivare che si mette improvvisamente a piovere, una pioggerellina uggiosa ma per fortuna breve. Era la tappa finale, la sosta per mangiare; ognuno tira fuori dallo zaino quel che ha portato. La proprietaria ci accoglie e ci apre la chiesetta; poi, con nostra sorpresa e grande piacere ci apparecchia un tavolo offrendoci dolci fatti da lei su antiche ricette e con speciali marmellate, e bevande.
Concludiamo così, nel migliore dei modi, la nostra gita.