L’Aquila, San Giuliano

L’Aquila sorse su di un colle in posizione strategica rispetto alla viabilità antica della valle dell’Aterno, sulla linea di confine dei contadi di Amiterno e Forcona.
In epoca romana il territorio era organizzato per pagi e vici con autonomia propria, nell’ambito della municipalità, fino al III-IV sec. d.C. e i centri più importanti erano Amiternum, Foruli, Pitinum, Furcona, Aveia, Peltuinum. Con la caduta dell’impero romano e la disgregazione delle istituzioni politiche e giuridiche dello Stato, il territorio viene riorganizzato con le pievi, che, alle dipendenze del vescovo , si sostituiscono ai pagi.
Con l’invasione longobarda della valle (571-574), le città di Amiternum, Pitinum, Aveia, Foruli, Peltuinum furono distrutte assieme alle antiche diocesi del territorio. Le pievi, legate alla città, decaddero anche loro e vennero ben presto rimpiazzate dai grandi monasteri di Farfa e S. Clemente a Casauria, che mantennero la loro egemonia sul territorio per oltre tre secoli, estendendo i loro possessi grazie a concessioni e privilegi elargiti dagli imperatori. Furono questi, tempi di economia povera, ruotante attorno al monastero e solo con l’avvento dei Normanni si registro’ l’inizio di una rinascita politico-economica. Riunificando (fra il 1139 – 1153) l’Abruzzo polverizzato in piccoli feudi e promulgando leggi ed incentivi per la ripresa della transumanza, Ruggero II ridette sicurezza al territorio unificato. Ma è solo agli inizi del XIII secolo, con la presenza Cistercense, elemento innovatore legato alla cultura libertaria europea, che iniziò il vero sviluppo economico con il recupero del territorio attraverso bonifiche e colonizzazioni e con l’avvio della produzione, degli scambi e dei commerci.
E’ da questa nuova realtà che si fece quindi strada la necessità di un mercato, ovvero di un polo di aggregazione che raccogliesse le istanze del territorio liberando la popolazione dalla schiavitù dei loro feudatari.
Cosi’, concepita nel periodo normanno e svevo, nacque anche l’idea di una città, che si realizzò nella seconda metà del XIII secolo, successivamente alla morte di Federico II, con la fondazione sul colle detto Accule di una civitas nova che si chiamo’ Aquila.
Apprendiamo da una epistola del 1229 rivolta al papa Gregorio IX che gli abitanti dei contadi di Amiterno e Forcona, stanchi delle vessazioni dei baroni di Federico II, chiesero il permesso di fondare una città murata apud Acculam. L’assenso da parte del papa fu dato, richiedendo in cambio la rilevante somma di diecimila once d’oro. Questo fece si’ che il progetto rimanesse fermo per un quarto di secolo e solo dopo la morte di Federico II la città pote’ essere fondata nel 1254, per concessione di Corrado IV. Il suo scopo era quello di contrastare chi gli si fosse schierato contro, e avere cosi’ dalla sua parte i villici ribelli che erano determinati a costruire la loro citta’. La citta’ si trovava inoltre ai confini del suo regno e questo era un grande vantaggio, in un periodo di aspra lotta tra gli Svevi e la Chiesa.
Molto controversa è la questione sul toponimo Accule che molti identificano con il villaggio di Aquili o Acquili, pertinenza del castello di Pile, attuale borgo dell’Aquila detto della Rivera, ancor oggi isolato dal resto della città, ai piedi della costa meridionale della citta’.
L’Aquila fu quindi costruita non per casualità, ma secondo un progetto ben preciso nel rispetto dell’antica trama viaria, e questo, nell’urbanistica medioevale, fu un evento nuovo.
La città di Corrado non sarà stata certamente di grandi dimensioni, considerando sia lo scarso inurbamento dei primissimi anni e l’entita’ dell’impegno economico necessario che impedi’, almeno all’inizio, di realizzare una cinta muraria vera e propria che mettesse gli abitanti al riparo dalle eventuali rappresaglie dei baroni defenestrati. Forse la civitas nova sorse sull’esempio delle molteplici bastides nate nella Francia meridionale (Languedoc) in quello stesso periodo.
Aquila pero’ divenne ben presto un importante mercato, e per la sua posizione strategica nel mezzo della valle e per i prodotti agricoli, fra cui principalmente lo zafferano, ma soprattutto per la produzione e lavorazione della lana a panno. La ripresa della transumanza aveva infatti fatto fiorire il commercio della lana destinata sia alla manifattura locale che all’esportazione, richiamando mercanti ed artigiani da ogni parte, soprattutto i fiorentini, che si insediarono in città.
La Chiesa non restò indifferente alla nascita ed allo sviluppo di una città ai confini dei suoi territori. Infatti, nel 1256 con una lettera rivolta agli aquilani il papa Alessandro IV li esortò a opporre resistenza a Manfredi, mentre l’anno seguente, il 20 febbraio 1257, vi trasferì la sede vescovile da Forcona, elevando la città a rango di civitas.
Lo sviluppo repentino della città fu mal visto dai baroni defenestrati, i quali, vedendo allontanarsi il sogno di una loro riconquista, fecero pressione su Manfredi affinché la distruggesse, asserendo che con la crescita la citta’ si sarebbe ribellata al potere imperiale per avvicinarsi al papa; facendo notare che, del resto, il trasferimento della sede vescovile in città era un chiaro segno di avvicinamento alla causa papale.
Nell’anno 1259 Manfredi attaccò Aquila che fu conquistata e rasa al suolo, obbligando gli abitanti a tornare nelle loro terre di origine.
La città rimase distrutta per 6 anni e come scrisse Buccio “Né casa vi rimase, né pesole, né ticto”; il vescovo dell’Aquila Berardo fu costretto a tornare nella sede di Forcona.
Con la morte di Manfredi (1266), i villici, non volendo rinunciare alla libertà che solo la città poteva dar loro, si adoperarono attivamente a favore della ricostruzione, vivamente ostacolata dai baroni e dal papa Clemente IV che non voleva un rafforzamento angioino al confine.
All’opposto il Re Carlo I d’Angiò, tenendo presente le aspirazioni dei villici e volendo difendere i confini del suo territorio dalle mire papali, ritenne opportuno riedificare la città e con un diploma di rifondazione (aprile 1265) si diede inizio ai lavori, che procedettero speditamente, secondo un piano urbanistico preordinato.
La città venne ripartita in Quarti e ognuno di questi in ‘locali’, in un impianto viario costituito da maglie rettangolari. Ad ogni villaggio o castello del territorio che aveva partecipato alla fondazione era riservato un ‘locale’ entro il quale poteva edificare le proprie abitazioni, la propia piazza e chiesa, conservando il nome del centro di origine.
La città angioina ebbe uno spazio urbano molto più ampio rispetto alla prima fondazione e una cinta di mura perimetrali che superava i 4 km in lunghezza; per questo forse sarebbe il caso di parlare di rifondazione più che di ricostruzione.
Nel 1272 fu realizzata la fontana delle 99 Cannelle dall’architetto Tancredi da Pentima nella zona più bassa della città detta Rivera.
Il 29 agosto del 1294 alla presenza di Carlo II d’Angiò e del figlio Martello, davanti ad una grande folla, nella chiesa aquilana di S. Maria di Collemaggio, fu incoronato papa Celestino V che in quello stesso giorno emano’ una Bolla (detta della Perdonanza) con la quale si concedeva un’indulgenza plenaria a tutta l’umanità che in quel giorno, per tutti gli anni a venire, entrasse in chiesa dalla porta per la quale lui vi era entrato. Da allora, ogni anno e’ tradizione celebrare l’evento in quel giorno.
Nel 1308 ebbe termine la costruzione dell’acquedotto della città, detto di S. Anza, che alimentava tutte le fontane delle piazze cittadine.
Agli inizi il governo cittadino era costituito dai sindaci dei castelli che concorsero alla fondazione, ma nel 1294 Carlo II stabilì che questi fossero considerati consiglieri e che fossero sottoposti ad un Camerlengo.
Nella città si diede vita alla organizzazione delle Arti, mentre un diploma del 1315 autorizzò la citta’ alla compilazione degli statuti per la sua amministrazione. Successivamente la lotta tra angioini ed aragonesi coinvolse la città che dovette sopportare un duro assedio di un anno (1423-1424) ad opera di Braccio da Montonte, al quale la citta’ era stata promessa dalla regina Giovanna se l’avesse espugnata. Ma la mattina del 2 giugno del 1424 Braccio fu sconfitto, ferito in battaglia e fatto prigioniero, morì tre giorni dopo.
In seguito la città visse come libero Comune tornando al primitivo splendore che mantenne, anche durante la presenza Aragonese, e nel Regno fu seconda solo alla città di Napoli, allacciando scambi commerciali e culturali con le più importanti città italiane e straniere.
Nel 1428 la città ricevette da Ferdinando d’Aragona il privilegio di battere moneta e la Zecca rimase attiva fino all’avvento di Carlo V .
Non dobbiamo dimenticare, in questo periodo, la presenza in città di figure di spicco del mondo culturale, imprenditoriale e religioso. In quegli anni, che videro L’Aquila confortata da religiosi quali S. Bernardino da Siena, S. Giacomo della Marca e S. Giovanni da Capestrano, si dette grande impulso alla cultura e nel 1482 venne aperta una tipografia da parte di Adamo di Rottweil,
allievo di Johann Gutenberg, che qui venne a vivere. L’attività di stampa ebbe inizio il 5 novembre dello stesso anno.
Segui’ l’avvento della dominazione spagnola nel primo terzo del XVI secolo, che pose fine al periodo del massimo sviluppo della citta’.
Di seguito si citano alcuni dei più importanti punti di interesse della città. La rassegna sara’ molto succinta rispetto a quanto richiederebbe una citta’ monumentale come L’Aquila, anche se avvilita dal recente terremoto:
Piazza del Duomo
Il nucleo più antico della città è senza dubbio la piazza del Duomo o del Mercato, la più grande della città (140 m x 70), la quale, a partire dal 1303, accoglie il mercato cittadino.
Sulla parte più bassa della piazza si affaccia il Duomo, chiesa episcopale dedicata ai SS.Giorgio e Massimo. Fu edificata nel 1257 in stile romanico. Sulla facciata erano presenti tre rosoni, uno per navata, ed un campanile. Distrutta più volte nei secoli per i terremoti, fu sempre ricostruita e l’attuale stile architettonico risale al 1887. L’interno, in stile tardo barocco con pianta a croce latina, presenta nell’abside un coro ligneo, mentre a destra dell’ingresso è il monumento funerario del cardinale Agnifili.
Sempre sulla piazza vi è la chiesa di S. Maria del Suffragio, detta anche delle Anime Sante, edificata nel 1770, con cupola cilindrica realizzata da Giuseppe Valadier.
Piazza Palazzo
Non molto distante è la cosidetta Piazza Palazzo , in passato centro del potere della città, dove gli aquilani si riunivano per decidere sulle problematiche collettive, mentre nel palazzo risiedeva il Capitano di Giustizia. Il palazzo è rafforzato con torre quadrata, alta in origine più di 50m; qui era conservata la Bolla della Perdonanzaprima del terremoto del 2009.
Nella piazza, di fronte al palazzo comunale, si trova il monumento allo storico latino Sallustio.
S. Bernardino
Questa basilica, lunga circa 100 m, fu eretta tra il 1454 e il 1472 per custodire le spoglie di San Bernardino da Siena, morto nella città nel 1444. Oltre al mausoleo del santo, conserva quello di Camponeschi .
La facciata, progettata da Cola dell’Amatrice è ripartita in tre ordini di colonne, presentando tre portali con una lunetta sul centrale; un’agevole scalinata cordonata rende il tutto più maestoso.
L’interno, a croce latina, era in origine a tre navate; attualmente e’ in stile barocco, con soffitto a cassettoni.
S. Maria di Collemaggio
La basilica di Collemaggio fu voluta da Pietro da Morrone e i lavori per la sua realizzazione iniziarono nel 1287. In questa stessa basilica romanica fu eletto papa col nome di Celestino V, il 28 agosto del 1294 .
La facciata, realizzata con pietre bianche e rosa, presenta tre portali, il centrale dei quali e’ arricchito da due ordini di piccole nicchie dove in origine erano poste statue di santi. Sull’angolo destro della facciata vi è un basso torrione con barbacane, mentre sul lato sinistro della chiesa c’è il bel portale della Porta Santa.
All’interno della basilica si trova il mausoleo di Celestino V (dopo il terremoto la teca e’ rimasta per qualche anno nella basilica, dal 2013 si trova nella chiesa di S. Giuseppe artigiano).
S. Giusta
La chiesa di S.Giusta e’ a croce latina, a una navata, attualmente in stile barocco; originariamente a tre navate, fu il primo Capoquarto spirituale della città.
Di struttura in stile romanico, presenta sulla facciata , sopra il portale,
un bellissimo rosone; sulla destra vi e’ una ricca fontana. Le tre absidi poligonali, realizzate nel 1316, sono conservate perfettamente.
Di fronte alla chiesa c’è il barocco Palazzo Centi, con una facciata tripartita e una articolata balconata centrale, poggiata su sei colonne di stile ionico.
S. Maria Paganica
La chiesa e’ di grande importanza, essendo iI Capoquarto spirituale, e fu costruita nel 1308 in stile romanico sul punto più elevato della città; sempre danneggiata dai terremoti nel corso dei secoli e sempre ricostruita con diverse modifiche, attualmente e’ in ricostruzione dopo il terremoto del 2009.
La facciata in travertino, incompiuta nella parte superiore, presenta un notevole portale con lunetta.
L’interno, in origine a tre navate, è ora ad aula unica con cappelle laterali.
Sulla piazza di S. Maria Paganica si affaccia lo splendido Palazzo Ardinghelli e a lato della chiesa si conserva nel suo stato originale una bellissima fontana fatta costruire dagli abitanti di Paganica inurbati.
S. Silvestro
Chiesa realizzata dagli abitanti di Collebrincioni intorno alla metà del XIV secolo. La facciata romanica con pietre bianche e rosa presenta un bel rosone ed un portale centrale,
mentre sulla destra spicca il campanile. Sulla parete esterna destra della chiesa è presente un portale in stile romanico. L’interno della chiesa è a tre navate in stile gotico e conserva affreschi coevi alla costruzione.
S.Pietro di Coppito
La chiesa fu costruita dagli abitanti di Coppito verso la fine del XIII secolo e fu Capoquarto religioso e civile. La facciata presenta un coronamento orizzontale con resti originali di rosone senza raggiera e un portale con lunetta,
ai lati del quale sono posti due leoni funerari che precedentemente ornavano l’ingresso del convento benedettino di S. Maria delle Grazie sulla collina di Coppito. Il campanile di forma ottagonale presenta la base quadrata per meglio addossarsi all’abside. L’interno è a croce latina con ampia navata e ha un transetto leggermente sollevato.
S. Domenico
Nel gennaio del 1300 Carlo II d’Angiò donò ai domenicani dell’Aquila il Palazzo Reale affinché fosse trasformato in convento e vi fosse eretta una chiesa. Furono chiamate maestranze dalla Provenza e ben presto iniziarono i lavori, mai però completati nella parte superiore esterna.
La facciata presenta un portale centrale con lunetta, due rosoni ai lati (il centrale superiore restò incompiuto), interessanti absidi con contrafforti e un bel portale sulla destra della chiesa.
Il convento dispone di un bellissimo chiostro.
Il forte spagnolo
La fortezza fu fatta edificare “ad reprimendam audaciam Aquilanorum” dal viceré spagnolo Don Pedro da Toledo, nel punto più alto della città, attorno al 1530. A pianta quadrata (130 m di lato), presenta a ognuno dei quattro angoli un bastione con 8 sale per le artiglierie, un profondo fossato ed un ponte all’ingresso poggiato su quattro arcate in pietra.
all’interno del forte, che prima del terremoto accoglieva il museo archeologico e le pinacoteche, e’ ancora conservato, perfrettamente restaurato, lo scheletro pressoche’ integro di un elefante preistorico venuto alla luce in prossimita’ dell’Aquila.
La Fontana Luminosa
Monumento degli anni trenta del ‘900, al centro di un complesso architettonico di quell’epoca (la piscina, lo stadio, i campi da tennis e i due palazzi di ingresso al corso).
Fontana delle 99 Cannelle
A pianta trapezoidale, leggermente infossata, fu costruita dall’architetto Tancredi da Pentima nel 1272,. E’ circondata da tre pareti in pietra bianca e rosa che sembrano avvolgerla, mentre 99 cannelle con mascheroni tutti diversi l’uno dall’altro, gettano acqua in una lunga vasca che anticamente era usata quale lavatoio pubblico. Dal lato occidentale una breve scala cordonata dà accesso alla fonte.
Convento di S. Giuliano
Nell’area immediatamente a nord ovest della citta’ si trova, immerso in un folto bosco di pini e quercie, il complesso del convento di S. Giuliano, che. oltre a conservare parte del suo nucleo originario quattrocentesco, la pregevole chiesa e il chiostro, ospita un interessante museo di reperti storici e di scienze naturalistiche.
Sopra il convento, nel bosco, dove si possono notare i resti di un antico acquedotto si trova, al termine di un breve sentiero, il piccolo eremo del beato Vincenzo (1435-1504).
Dal e attorno al convento di S. Giuliano partono numerosi sentieri per amene passeggiate; fra questi, il bel sentiero che porta al santuario di Madonna Fore,
un altro, altrettanto piacevole, conduce ai resti di una torretta medievale (la Rocchetta), posizionata sul fianco del monte che domina la contrada di Pettino.
La scelta del luogo risultò geograficamente valida perché permetteva di controllare dall’alto sia le due direttrici viarie più importanti della valle, sia perché il colle risultava ben difendibile.
Intorno al V sec. d.C. nella valle dell’Aterno erano presenti le sedi vescovili di Amiterno, Pitino, Aveia (Fossa), Furcona (Civita di Bagno).
Gregorio IX rivendica diritti sul territorio, facendo riferimento ad una discutibile donazione fatta alla Chiesa da parte dell’imperatore Ottone I dell’anno 962 (M.H.G. Dipl. I pp. 332-337.)
Oltre a tale cifra erano richieste mille once per la costruzione dei loro presidi e palazzi, fornire calce, pietre e rena necessarie, l’impegno di pagare annualmente alla Chiesa di Roma cento once di oro, ancora la metà di tutte le esazioni penali, e di ogni imposta o gabella. Viene loro richiesto riversare al loro ambasciatore una cauzione fideiussoria. Conclude…dunque Noi avendo compreso le vostre tribolazioni con amarezza, concediamo quanto richiesto e vi ammoniamo a non dimenticare nulla di quanto promesso, sollecitandovi nell’intraprendere al più presto possibile l’opera con tutte le vostre forze e coraggio.
La data esatta di fondazione ci viene data dal rimatore Buccio di Ranallo di Poppleto nella sua Cronaca aquilana
Si stabilì che ogni vassallo fosse libero da obblighi feudali, che potesse muoversi liberamente nel territorio e si ordinò che si abbattessero tutte le rocche feudali.
La natura complessa , la mole di lavori pubblicati, i limiti stabiliti di questo lavoro, non ci consentono di soffermarci sull’argomento.
La primitiva difesa della città era realizzata con fossati e steccati, come ci narra Buccio di Ranallo nella sua Cronaca.
La diocesi di Forcone fu l’unica che resse all’impatto della distruzione barbarica, e nel 1257 era retta dal vescovo Berardo di Padula, nipote del papa Alessandro IV.
Non possediamo tale diploma ma attraverso Buccio sappiamo che gli aquilani versarono il pattuito a Carlo I nella ragione di un fiorino per ogni fuoco (famiglia).
Gli inurbati conservavano tutti i diritti goduti nel territorio di origine, anche nell’uso dei boschi e dei pascoli. Si venne così a creare una universitas intra ed una universitas extra.
Sulle mura merlate erano presenti 12 porte e 86 torri, mentre l’altezza era al massimo 10m, con uno spessore di quasi 2 metri. La costruzione delle mura iniziò nel 1276 e furono completate solo dopo 40 anni, nel 1316.
La lunghezza dell’acquedotto era di circa 10 km ed alla sua realizzazione, iniziata nel 1304-1305, concorsero con grande entusiasmo e gratuitamente tutti i cittadini.
Per gli statuti della città vedasi: Statuta Civitatis Aquile, a cura di A. CLEMENTI, in Istituto Storico Italiano per il Medioevo, Fonti per la Storia d’Italia, Roma 1977, n. 102. Si diede vita a Cinque Arti ( Quinque Artium): Mercanti della lana , Cuciai, Letterati, Nobili, Metalliferi.
Furono in questo il periodo protagonisti della storia aquilana: San Bernardino da Siena, San Giacomo della Marca e San Giovanni da Capestrano.
U. SPERANZA,Adamo Rottweil primo stampatore dell’Aquila, in Bollettino della Deputazione Abruzzese di Storia Patria. A. 1951-52. Fu la prima tipografia attiva nel Regno di Napoli e la terza in Italia dopo Venezia (1468) e Foligno (1470).
Trae il nome dal Quattrocentesco palazzo di Margherita d’Austria, figlia di Carlo V, governatrice degli Abruzzi. E’ detta anche piazza Sallustio per la presenza della statua dell’illustre storiografo nato ad Amiterno.
La prima notizia della torre risale al 1310, e nel 1374 fu dotata di orologio, il terzo in Italia dopo Firenze e Ferrara. nel 1320 fu issata sulla sua cima una campana di 22.000 libre (7 tonnellate), detta ‘Reatinella’,il cui suono era udibile a più di trenta chilometri di distanza. Nel 1549 fu ordinato l’abbattimento della torre, ma per fortuna fu solo ridotta, mentre la campana, venne fusa, per ordine di Don Pedro di Toledo nel 1544, per realizzare cannoni per la difesa del castello..