Pratola Peligna, Bugnara, Introdacqua

Comune di circa 8000 abitanti, con le frazioni di Bagnaturo e Punta la Torre, Pratola Peligna è posta a 340 m di altitudine, nella valle omonima, lambita dal fiume Sagittario.
Nel periodo italico il suo territorio era abitato dai Peligni e ciò trova conferma con il rinvenimento nel centro del paese di epigrafi in dialetto peligno e nella zona di tombe del IV secolo a.C.
Dopo la caduta dell’impero romano, Pratola potrebbe essere stata sede di uno stanziamento ostrogoto, come lo farebbe supporre il ritrovamento, a fine ‘800, nella parte più antica dell’abitato, di una tomba con un corredo funerario risalente al VI secolo d.C., di caratteristiche ostrogote.
Pratola era sicuramente citata (Chronicon Volturnense) nell’anno 998 come appartenente a Valva e nel 1188 il Castrum Pretulae venne concesso dal Re di Sicilia Guglielmo II al vescovo Oderisio della diocesi di Forcona.
In epoca angioina Pratola fu ceduta al conte di Popoli Rastaino Cantelmi e successivamente, per rinuncia di quest’ultino, fu donata da Carlo II, in occasione delle celebrazioni per l’elezione di Celestino V del 20 settembre del 1294, all’abbazia celestiniana di S. Spirito del Morrone con tutte le sue pertinenze e le sue chiese. Da quel momento e fino alla soppressione delle servitù feudali del 1807, le vicissitudini di Pratola furono strettamente legate alla storia celestiniana.
Un violento terremoto nel 1349 distrusse parzialmente Pratola, già provata l’anno precedente da una spaventosa peste che nel 1479 tornò a falcidiare il borgo.
Ad est di Pratola Peligna, sul monte Orsa (642 m), si trovano nascosti fra la vegetazione i resti del castello d’Orsa, detto anche degli Impiccati, sorto attorno all’anno Mille per difesa e controllo del territorio durante il periodo dell’incastellamento. La più antica notizia a noi nota che lo riguarda risale all’anno 1036 e ancora viene citato nel 1051in un atto di donazione di terreni confinanti con quelli di Orsa.
Orsa era feudo di due soldati a cavallo con sua rendita era di 40 once nel 1150 e il suo territorio aveva otto chiese, come riportato da una bolla papale di Lucio II.
Il castello era posseduto nell’anno1193 da Arderanno, nipote di Arderanno di Roccone; si ha notizia che un incendio doloso lo danneggiò nel 1329.
Per visitare il centro storico di Pratola Peligna si attraversa l’arco d’Angiò e si prosegue fino alla piazza S. Pietro Celestino. Qui è la chiesa omonima, la più antica del paese, documentata già dal XV secolo. Fu chiesa Madre fino al 1873, anno nel quale il titolo fu trasferito al Santuario della Madonna della Libera; ha una facciata con portale del XV secolo architravato e lunetta e un campanile a vela posto sulla sua sinistra. L’interno a tre navate è diviso da archi a tutto sesto su piloni.
Un’altra chiesa notevole e’ quella della Santissima Trinità, ad aula unica, che presenta un bel portale.
Un altro monumento importante e’ il Santuario della Madonna della Libera che fu edificato a partire dal 1851 e terminato nel 1860; la facciata, realizzata con pietra della Maiella, è ornata da un portale architravato con timpano e quattro nicchie, due per lato, che accolgono quattro statue. Ai lati della facciata sono due campanili con due orologi. L’interno è a tre navate a croce latina con bracci del transetto absidali.
Ancora da visitare sono il palazzo De Pretis, con portale a tutto sesto bugnato ed il vecchio Mulino dei Celestini che ospita il Museo della Civiltà contadina, inaugurato nel 1995.
Il comune di Bugnara è situato ai piedi del Monte Genzana (2179m) a 580 m di altitudine ed è abitato da circa 1200 persone.
Scavi archeologici di fine ‘800 condotti dal De Nino, in località S. Stefano, misero in luce resti di un centro abitato ed un’epigrafe romana. Il paese conserva ancora l’aspetto di borgo medievale, con case-mura in pietra, vicoli stretti e nella parte più alta il Palazzo Ducale, detto anche dello Scorpione, costruito intorno all’anno Mille. Dall’aspetto massiccio, fu realizzato a scopo difensivo e di avvistamento, dominando tutta la conca Peligna. Fu fatto edificare dalla famiglia De Sangro ed è circondato da mura con due torrette e nella parte interna poteva accogliere gli abitanti del borgo in caso di pericolo. Purtoppo attualmente il complesso versa in stato di deplorevole abbandono.
Le citazioni relative a Bugnara a noi pervenute sono numerose e riportate di seguito.
La prima viene dal Chronicon Volturnense e risale all’anno 871 d.C. e riguarda la chiesa di S. Cesidio in Bugnara; ancora il Chronicon riporta atti dell’anno 1059 riguardanti Bugnara, che era feudo di due soldati a cavallo posseduto da Simone conte di Sangro, figlio di Todino.
Ancora le chiese della SS. Trinità di Bugnara e della chiesa di S. Angelo sono citate nel 1093; documenti papali del 1188 e del 1223 ci fanno sapere che a quell’epoca in Bugnara erano presenti ben 10 chiese.
Altri documenti attestano che Bugnara fu conquistata nel 1228 dalle truppe del papa Gregorio IX e dopo venti anni (1248), il Castrum Buniariae venne riconsegnato da papa Innocenzo IV ai figli di Rinaldo I Di Sangro.
Bugnara e’ ancora citata per la concessione di una vigna nel 1250 e nel 1308 come appartenente alla diocesi di Valva.
I signori di Bugnara, nell’anno 1459, erano Tommaso e Simone figli di Nicola di Sangro.
Tra i monumenti da visitare vi è la chiesa della Madonna della Neve, detta anche di S. Maria delle Conconelle, eretta intorno all’anno Mille sui resti di un tempio pagano. Nell’interno, a tre navate divise da archi gotici, sono venuti alla luce i resti di pavimento romano in opus spicatum ed una epigrafe dedicata ad Helvia, sacerdotessa della dea Cerere. Appartiene alla chiesa la statua lignea policroma di Madonna con Bambino in piedi e benedicente, realizzata nell’anno 1252 da Antonio Pica e suo figlio Domenico.
Altra chiesa importante è quella del SS. Rosario che si affaccia sulla piazza omonima, costruita nel 1602, in stile barocco tardo. Nell’interno, a navata unica, sono presenti otto altari laterali ed un altare maggiore in marmo intarsiato, il soffito decorato ed un pulpito in legno intarsiato. Non distante dalla chiesa vi è una bellissima fontana del XV secolo.
Posizionato su un’altura a 642 m sul livello del mare non lontano dal fiume Sagittario, Introdacqua è Comune di circa 2000 abitanti. La presenza umana sul territorio è documentata già in epoca italica, testimoniata da una iscrizione in dialetto pelino, rinvenuta in passato. L’attuale centro sorse intorno all’anno Mille per incastellamento delle ville sparse sul territorio, successivamente alle incursioni Saracene ed Ungare. Introdacqua conserva ancora le caratteristiche di borgo fortificato con torre cintata. Fu feudo dei Conti di Sangro e dal Catalogo dei Baroni apprendiamo che fu feudo di II soldati a cavallo.
Tra i monumenti da visitare è la Torre medievale che spicca sul paese, con dongione a pianta quadrata cinto da mura. La chiesa Madre SS. Annunziata custodisce le spoglie del Martire S. Feliciano, patrono del paese, all’interno, a tre navate, conserva affreschi medievali. La chiesa della Madonna Addolorata, conserva all’interno un Cristo Morto ed una Addolorata che nel venerdi Santo viene portato in processione.
Da vedere il Palazzo Trasmondi, ultimo feudatario del borgo.
V. PISANI, Le lingue dell’Italia antica oltre il Latino, Torino 1986, pp. 112,114,116,117. M. BUONOCORE, L’Abruzzo e il Molise, cit., vol I, p. 248 e 367.
I monaci celestiniani, intorno al 1400 costruirono un mulino ad acqua nella pianura, il più grande della Valle Peligna, con due palmenti.. Con la fine del feudalesimo, Pratola si accrebbe divenendo il borgo più popolato della Valle.
Cat. Baron. cit., 1188, Teudinus de castello tenet de domino Rege in Balba Ursam quod est pheudum II militem, et Accianum.
Oltre all’epigrafe: Q. Petronius curator annonae frumentariae rei publicae Sulmonensium, vennero alla luce pavimenti in opus spicatum e sette dolia, forse legati a villa rustica. Scavi più recenti sono stati effettuati i primi anni ottanta del secolo passato, su strutture di villa rustica.