Porta Barete dalle origini a oggi
In queste settimane di discussioni sulla possibile riscoperta dell’area di Porta Barete può essere utile un tentativo di ricostruzione storica sulle origini, l’evoluzione e la rilevanza di questo settore della nostra città. In questo veloce excursus può essere molto utile un confronto tra le varie piante e rappresentazioni di L’Aquila nei secoli, oltre alle informazioni bibliografiche disponibili.
Quello che si può affermare con buona sicurezza è l’importanza di Porta Barete che rappresentava il principale accesso alla città sul lato ovest; in quasi tutte le rappresentazioni disponibili si vede una porta monumentale preceduta da una seconda difesa altrettanto monumentale, chiamata antiporta, che corrisponde al tratto ancora oggi visibile da via Vicentini, zona “Carrefour”. Tra le molte porte aquilane, quanto a importanza, soltanto Porta Bazzano, principale accesso sul lato est, era paragonabile ma probabilmente non eguagliabile a Porta Barete. Da quest’ultima infatti nei primi secoli della città partiva il principale asse viario per l’accesso ai più importanti edifici e piazze pubbliche: sul tratto a monte della strada, avvicinandosi ai ‘Quattro Cantoni’, si aprivano la piazza antistante il Palazzo della Camera cittadina (l’attuale piazza Santa Margherita), piazza del Palazzo sulla quale si affacciavano la torre civica, presente ancora oggi, il Palazzo del Capitano di Giustizia (oggi Palazzo Margherita) e la chiesa di San Francesco a Palazzo (demolita nel 1878 e corrispondente ai portici della Biblioteca Provinciale e del Convitto nazionale) con il relativo convento, primo insediamento francescano dentro le mura; da lì, percorrendo un tratto dell’attuale Corso Vittorio Emanuele II si arrivava, e si arriva, in Piazza del Mercato (Piazza Duomo), cuore commerciale della città.
Considerato ciò, Porta Barete fu probabilmente una delle prime porte ad essere edificata e sistemata, insieme a Porta Bazzano, forse ancora prima dell’ultimazione delle mura, iniziate nel 1272 con il Capitano Lucchesino da Firenze e, dopo varie riprese, completate nel 1316 con il Capitano Leone di Cecco da Cascia. Proprio su Porta Barete o Lavareto, a conferma indiretta della sua importanza, era collocata un’epigrafe che celebrava il completamento delle mura; ce ne parla, nel 1848, lo storico aquilano Angelo Signorini che ne riferisce il contenuto: “Sulla porta Lavareto (oggi S. Antonio) leggesi sull’oggetto la seguente iscrizione: A. D. M. CCC. XVI. hoc opus murorum factum est tempore Leonis Cicci de Cassia”. Altre fonti parlano di due ulteriori iscrizioni, l’una celebrante Lucchesino da Firenze, il Capitano che avviò la costruzione della mura, l’altra un Regis Caroli che dovrebbe essere Carlo I d’Angiò ‘rifondatore’ della città intorno al 1265 dopo la distruzione operata alcuni anni prima da Manfredi di Svevia. Nel 1905 Luigi Rivera riferisce, desumendolo dalle fonti, che su Porta Barete era presente il trigramma del nome di Gesù “IHS”, simile a quelli visibili ancor oggi su Porta Bazzano e Porta Castello.
Una delle rappresentazioni più antiche di Porta Barete è presente nel “Codice Perugino” contenente i Cantari sulla Guerra di Braccio da Montone, racconto dell’assedio di Aquila negli anni 1423-1424: in un’illustrazione si vede un gruppo di cittadini aquilani durante una sortita a difesa della porta, visibile a sinistra, minacciata dalle truppe nemiche che nei primi mesi dell’assedio erano accampate nell’area di Pettino con presidi anche sulle alture immediatamente di fronte a Porta Paganica, a nord delle mura. Ritroviamo Porta Barete in una serie di piante e prospetti della città tra i secoli XVI e XIX: nella pianta di Girolamo Pico Fonticulano del 1575, nella pianta prospettica dipinta da Egnazio Danti nelle Gallerie vaticane (1581), in un prospetto contenuto nel Dialogo della origine della città dell’Aquila di Salvatore Massonio (1594), nella pianta prospettica di Fonticulano incisa da Jacopo Lauro nel 1600, ancora in quelle di Antonelli-Lauro del 1622, di Jacopo Lauro del 1639, del Bleau del 1680, di G.B. Pacichelli contenuta in Il regno di Napoli in prospettiva, nella planimetria cittadina di Francesco Vandi del 1753 e in una pianta della prima metà dell’Ottocento nella quale è presente il tracciato della rampa di via Roma.
Considerate le differenze stilistiche tra una prospettiva e l’altra e tenendo conto che l’aspetto di alcuni edifici non era una riproduzione ‘fotografica’ della realtà, possiamo ricostruire comunque la struttura complessiva della porta e dell’area circostante. La porta vera e propria sorgeva davanti alla chiesa di Santa Croce, visibile da via Vicentini e valorizzata paesaggisticamente dopo le recenti demolizioni, e dell’annesso monastero, demolito intorno al 1967 per la realizzazione di edifici residenziali; più avanti sono presenti l’antemurale e l’antiporta consistenti in un accesso centrale, il cui varco murato è oggi puntellato ma visibile a ridosso del cavalcavia di via Vicentini (di fronte al piazzale “Carrefour”), e due bastioni dei quali quello sinistro, parzialmente crollato a seguito del terremoto del 2009, è ancora osservabile dalla stessa via Vicentini. A sinistra dell’antiporta viene riprodotta spesso una fontana monumentale, oggi non visibile, corrispondente al parcheggio della galleria “La Terrazza”, il che fa dedurre la presenza di una sorgente in quel punto. Sul lato opposto, in direzione del Tribunale, alcune prospettive riportano la presenza di una neviera e di una sorgente corrispondenti approssimativamente all’attuale imbocco di via XX settembre, zona nella quale sorgevano anche Porta Pilese e l’Ospedale di Santo Spirito.
L’interramento effettuato nella seconda metà dell’Ottocento per realizzare la rampa di via Roma probabilmente non danneggiò le strutture di Porta Barete ma semplicemente andò a coprirle mentre gli interventi edilizi del secondo dopoguerra sono stati molto più incisivi con la costruzione di palazzi residenziali e del cavalcavia di via Vicentini che poggia in corrispondenza della torre destra dell’antiporta.
Anche se la porta interna non fosse più presente sotto il terrapieno esiste comunque, con evidenza, gran parte dell’antiporta di quello che in passato è stato il principale ingresso alla città.
Si consideri, tra l’altro, che via Roma è oggi facilmente accessibile nella parte bassa da via dei Marsi (accanto all’arco di Santa Croce) e nella parte alta da viale Duca degli Abruzzi che nell’Ottocento non esisteva; quindi la rampa ottocentesca, e in particolare il cavalcavia novecentesco, non hanno più una funzione di accesso esclusiva.
Riscoprire lo spazio di Porta Barete è invece un’opportunità da non sottovalutare per riqualificare l’ingresso ovest della città, ‘biglietto da visita’ per chi arriva a L’Aquila dall’autostrada o da Rieti, con la rimozione del cavalcavia di via Vicentini e la creazione di un’area verde nello spazio occupato dal terrapieno. I primi a beneficiare del nuovo assetto sarebbero proprio i residenti della zona sia in termini di sicurezza, disponendo di un’area di sgombero più ampia, sia dal punto di vista della vivibilità. È quindi innanzitutto con loro che andranno discusse le possibili soluzioni cercando un punto di incontro che possa tutelare le legittime esigenze dei privati conciliandole con l’interesse pubblico ad una riqualificazione urbana.
Mauro Rosati
Archeoclub d’Italia – Sede L’Aquila
La galleria fotografica relativa a Porta Barete è disponibile sulla pagina facebook ‘Archeoclub L’Aquila’ al seguente indirizzo: https://www.facebook.com/archeoclub.laquila/media_set?set=a.528090170605857.1073741825.100002146353010&type=1